Testimonianze - La strage di marzo


Il 23 marzo 1945 verso mezzogiorno io e i miei genitori all’interno del caffè ci stavamo preparando per servire i militari del San Marco.
Come tutti i giorni li sentivamo vociare mentre stavano consumando il rancio nella vicina mensa e sapevamo che poi molti di loro sarebbero venuti da noi per la bevuta finale. I locali della cucina riservata ai militari del Corpo Italiano di Liberazione erano sistemati nell’ex negozio di ferramenta dei Conti.

L’interno era semidistrutto e annerito da un incendio, probabilmente doloso, scoppiato durante l’occupazione tedesca.
Come consuetudine i militari sostavano in fila davanti alle vetrine sfondate in attesa del loro turno. A volte erano presenti anche dei civili in paziente attesa di ricevere quanto restava nei pentoloni, dopo l’avvenuta distribuzione alla truppa.

Improvvisamente il brusio che ci perveniva dalla strada fu soverchiato da un forte boato e all’interno del locale fummo investiti da una notevole spostamento d’aria. Capimmo subito che una granata doveva essere scoppiata piuttosto vicina. Dopo un primo attimo di timore tutti e tre ci precipitammo all’ingresso e, affacciandoci sulla soglia, fummo colpiti dalla vista di diversi corpi umani che di fronte alla mensa, in un mare di sangue, giacevano immobili o si agitavano con alti lamenti. Una granata era esplosa in mezzo ai militari in attesa........
Quell’ anonimo e unico colpo di granata, partito da un cannone posizionato sul contrafforte  della Vena del Gesso, aveva fatto una strage.
Morirono all’istante sedici soldati e una donna con il nipotino, colpiti mentre stavano prendendo acqua alla fontana. In seguito altri dieci militari morirono negli ospedali di Marradi e Firenze. (tratto da Storia minima di un balilla mancato di Domenico Alvisi)