Intervento di Aurelio Ricciardelli in ricordo di Filippo Pirazzoli
Le
prime elezioni democratiche dopo la fine della guerra, dopo la Liberazione dal
nazi-fascismo, vengono convocate nella primavera del 1946.
Non
si vota nella stessa data in tutta Italia, ma in date diverse. A Casola si vota
il 31 marzo e l’1 aprile, esattamente 60 anni fa, e per la prima volta possono
partecipare al voto anche le donne.
Alle
donne, anche nell’Italia prefascista, il diritto di voto era negato.
La
lista socialcomunista, come si diceva allora, ottiene la maggioranza dei
consensi con 1834 voti, mentre alla Democrazia cristiana vanno 846 voti.
Il
capolista della sinistra – allora non c’era l’elezione diretta del Sindaco – è
il giovane maestro Filippo Pirazzoli, Gigi come lo chiamavamo noi.
Pirazzoli
è sì giovane – nato il 4 gennaio 1923, ha da poco compiuto 23 anni – ma ha
potuto maturare una esperienza civile e politica, resa più intensa dalle
drammatiche vicende storiche in cui tutti noi, allora giovanissimi, ci siamo
trovati coinvolti: gli anni della dittatura fascista, la tragedia della guerra
di aggressione nella quale il fascismo trascinò l’Italia, la disfatta, gli
eventi drammatici che seguirono l’armistizio dell’8 settembre 1943, gli orrori
dell’occupazione nazifascista, la scelta di stare dalla parte della Resistenza
partigiana, dalla parte di chi combatteva per la libertà dell’Italia, per la
fine della dittatura e della guerra.
Filippo
Pirazzoli frequenta da ragazzo la bottega del padre, in Piazza Oriani, proprio
dove oggi c’è la sede dei Democratici di Sinistra: al piano terra la bottega e
al piano superiore l’abitazione. E’ una bottega di calzolaio; una delle tante
che operano a Casola in quegli anni. Se ne contano una decina, con alcuni
lavoranti ciascuna.
Nei
primi anni del ‘900 è in quelle botteghe, tra quei lavoratori, che si
diffondono e si predicano le idee del socialismo, dell’emancipazione, della
giustizia sociale, della libertà tra uguali.
La
prima organizzazione sindacale che si forma a Casola, nel 1906, è proprio la Lega di resistenza dei
lavoranti calzolai, e calzolaio è Aurelio Acerbi, un giovane socialista che nel
1921 – dopo la scissione di Livorno – diventerà primo Segretario della Sezione
del Partito comunista d’Italia di Casola Valsenio.
Ed
è contro le leghe sindacali, contro le organizzazioni socialiste che a Casola
si costituiscono e si affermano nei primi decenni del ‘900, che si scatena la
violenza dello squadrismo fascista.
Vittima
di questa violenza sarà colui che del socialismo casolano è l’ispiratore e la
guida, il tipografo Luigi Sasdelli, che viene assassinato da sicari fascisti
nella piazza che oggi porta il suo nome, la notte del 9 gennaio 1922.
Sono
gli anni più bui della dittatura, Sono però anche gli anni in cui comincia la
resistenza, c’è chi preferisce prendere la via dell’esilio, i cosiddetti
fuoriusciti, nella maggioranza intellettuali. Alcuni verranno poi colpiti anche
all’estero. C’è chi non si iscrive la partito fascista e perde il lavoro, gli
antifascisti vengono repressi con le bastonate, con l’olio di ricino, con il
carcere e il confino.
Per
i meno esposti la possibilità di mantenere vivo il ricordo degli ideali
socialisti è affidata all’ambito delle relazioni famigliari o agli ambienti di
lavoro – come le botteghe dei calzolai - dove quelle stesse idee in passato
hanno potuto affermarsi.
Sono
però anche gli anni in cui comincia la resistenza, c’è chi preferisce prendere
la via dell’esilio, i cosiddetti fuoriusciti, nella maggioranza intellettuali.
Alcuni verranno poi colpiti anche all’estero.
C’è
chi non cede, perde il lavoro, gli antifascisti vengono repressi.
E’
nella bottega del padre che Filippo Pirazzoli viene in contatto con gli ideali
di libertà, uguaglianza, giustizia sociale; quegli ideali che la propaganda e
il rigido controllo del regime sulla società e sulla scuola vuole cancellare.
Nella stessa bottega lavora Aurelio Acerbi, che anche per le percosse subite
dai fascisti, sarebbe morto ancora giovane, nel 1936.
Non
prima di essersi reso protagonista di un gesto clamoroso di antifascismo, con
la costruzione di una carro rimasto famoso, che sfilò durante la Festa di Mezzaquaresima del
1931, intitolato “Le grandi tappe della storia”.
Tra
le tappe che hanno segnato la storia dell’umanità, raffigurate nel carro,
Acerbi indica la rivoluzione francese del 1789, e non la cosiddetta
“rivoluzione fascista”. Per di più la rivoluzione francese è rappresentata da
una ragazza avvolta in un mantello rosso e, in quel contesto, la frase tratta
dalla “Rivolta Ideale” di Alfredo Oriani, che compare nella parte alta del
carro e che recita “…accendete dunque le
fiaccole perché la marcia è cominciata nella notte, l’alba è vicina. Il suo rossore
somiglierà a quello del sangue ma è rossore di porpora che brillerà nel manto
del sole”, assume un significato chiaramente contrario al regime. Per quel
carro Acerbi viene punito con l’ammonizione di polizia.
Ma
quell’alba, che Acerbi annuncia nel suo carro, sarebbe arrivata 14 anni dopo e
solo dopo immensi dolori e tragedie, lutti e privazioni.
Quell’alba
non sarà un regalo, ma il risultato di una lotta che da clandestina sarebbe
diventata, con la
Resistenza armata, scontro aperto e di massa contro il
fascismo e contro l’occupazione nazista.
Nella
primavera del 1943, Filippo Pirazzoli, Torquato Visani e Amilcare Mattioli,
allora studente universitario che è già entrato nell’organizzazione clandestina
del Partito Comunista grazie al contatto stabilito con Giuseppe D’Alema,
costituiscono una cellula casolana del PCI collegata all’organizzazione di
Bologna.
Di
lì inizia un lavoro di avvicinamento alla causa antifascista che riesce a
coinvolgere giovani studenti e operai di diverso orientamento e a recuperare
all’impegno vecchi militanti che sono rimasti fedeli ai loro ideali. Anch’io
entro in contatto con loro. Ricordo poi Domenico Sangiorgi (Mengo), Giuseppe
Pittàno (Pecio), Tonino Tozzi e, tra i più vecchi, Giuseppe e Antonio Bambi,
Gildo Tabanelli, Guido Ricciardelli.
Inizia
a circolare in quei mesi l’Unità clandestina, che arriva da Bologna e che Mengo
diffonde nelle campagne.
Le
sorti della guerra, mese dopo mese, volgono al peggio. Per la popolazione è
evidente che la guerra è perduta, e non c’è propaganda di regime che possa
negare la tragica realtà delle migliaia di giovani italiani morti nel fronte
russo e in Africa.
Il
10 luglio 1943 gli alleati sbarcano in Sicilia, il 25 luglio di quello stesso
anno Mussolini viene arrestato. La caduta del fascismo viene salutata dalla
popolazione, ovunque, con manifestazioni di contentezza, di gioia. A Valsenio,
a Casola suonano le campane. Per la gente è il segno che la guerra sta per
finire.
A
Casola, una folla si riunisce festante davanti al Municipio, e a Pecio,
Giuseppe Pittàno viene chiesto di parlare.
Pecio
non è soltanto uno studente universitario, è il nipote di Ivo Pittano, uno dei
10 casolani condannati dal tribunale speciale fascista, primo sindaco socialista di Casola, eletto
nelle elezioni del 1919, prima dell’avvento della dittatura fascista. Si parla
di un’Italia nuova, di un futuro di libertà e di progresso civile, di pace.
Ma
così non sarà ancora.
L’8
settembre 1943 l’Italia firma l’armistizio con gli alleati, i nazisti occupano l’Italia,
il re scappa da Roma, Mussolini viene liberato dai tedeschi e costituisce, con
il sostegno dei nazisti, la
Repubblica sociale italiana.
L’Italia
è divisa in due: al sud liberato dalle forze alleate il governo legittimo, al
centro-nord la Repubblica
sociale italiana e l’occupazione militare nazista.
Tra
il 1943 e il 1944, sotto la guida del Comitato di Liberazione Nazionale, che
raccoglie tutte le forze antifasciste, si costituiscono le prime formazioni
partigiane, è la resistenza armata che nel centro e nel nord Italia combattono
contro gli occupanti nazisti e i collaborazionisti della Repubblica sociale
italiana.
A
Casola, in casa di Guido Ricciardelli, Giuseppe D’Alema – che ora fa parte del
gruppo dirigente della Federazione comunista di Ravenna – si incontra con
Filippo Pirazzoli e Giuseppe Pittano.
Dopo
alcuni tentativi non riusciti, si costituisce in quell’occasione il primo
nucleo attorno a cui costruire un Comitato di Liberazione, per dare guida e
rappresentanza alle forze antifasciste e tenere i collegamenti con le
formazioni partigiane combattenti che operano nell’Appennino.
Ma
i fascisti hanno tempo e modo di rialzare la testa. Nel novembre del 1943
costituiscono il Fascio repubblicano anche a Casola e danno la caccia agli
antifascisti che più si sono esposti: Mattioli riesce a fuggire, D’Alema non è
a Casola (su di loro viene messa una taglia), ma Guido Ricciardelli, Giuseppe
Pittàno e Filippo Pirazzoli vengono presi e arrestati. In manette, vengono
caricati su un cellulare, e trasportati a Ravenna.
Poi
verranno rilasciati, e Filippo Pirazzoli, insieme agli altri continuerà a dare
il proprio apporto all’attività del Comitato di Liberazione.
Il
1944 è un anno terribile. La guerra arriva nelle nostre valli, nei nostri
monti. Cresce di intensità e di efficacia l’azione delle brigate partigiane –
in particolare la 36.ma Brigata Garibaldi che opera nel nostro territorio -
dove entra un numero crescente di giovani che vogliono sottrarsi ai bandi di
reclutamento della Repubblica sociale italiana e sempre più feroce e spietata
diventa la reazione di nazisti e repubblichini.
In
agosto gli alleati sferrano l’offensiva contro la linea Gotica. Tra settembre e
ottobre, nei combattimenti di Monte Cece e Monte Battaglia, i morti saranno
migliaia.
Poi
i tedeschi si ritirano, lasciano Casola ma solo dopo avere minato e fatto
saltare in aria - il 28 novembre, prima dell’alba - il grande palazzo del
municipio, il ponte della Soglia e i ponti a sud di Casola, i pozzi di acqua
potabile, il silos. Quello stesso giorno avrebbero fatto saltare tutti gli
altri ponti fino ai gessi: ed è sulla linea dei gessi che i tedeschi si
attestano, fino ad aprile 1945.
Gli
alleati, avvertiti da alcun ex partigiani, entrano in paese il 29 novembre.

emanazione del Comitato di Liberazione, di cui anche Filippo Pirazzoli fa parte e che nomina Sindaco il prof. Amilcare Mattioli, fa affiggere un manifesto di saluto agli alleati (copia è conservata nel Centro di documentazione sulla guerra di Liberazione di Casola) e affronta i primi gravosi problemi, dall’assistenza sanitaria agli approvvigionamenti alimentari, al reperimento di alloggi, al recupero delle merci imboscate.
A
nord ci sono ancora i tedeschi, il Cardello e Valsenio diventano zone di prima
linea ma si tenta di far riprendere l’azione amministrativa.
Tutto
è molto difficile, la guerra continua, a poche centinaia di metri più a nord. I
tedeschi, dai gessi, sparano su Casola. Ma si prova a ripartire, a ricostruire,
a ricreare una organizzazione civile, sociale, amministrativa, politica.
Ovunque
è distruzione, miseria, ma la vastità e la gravità dei danni, il prezzo enorme
di vittime civili provocate dalla guerra, i segni lasciati dalla ferocia dei
fascisti e dei nazisti, saranno evidenti in tutta la loro gravità a guerra
finita.
Scrive
Guido Ricciardelli nel suo libro “Casola piccola Cassino nella valle del
Senio”: “Si cammina da mesi come dei
ciechi che credono ancora di vederci. Dove andremo a finire? Questo è il
tragico interrogativo davanti al quale non si sa cosa rispondere?”
Ma
nella primavera del 1945 a
Casola, per la prima volta dall’avvento del fascismo si festeggia il 1° Maggio,
la festa dei lavoratori.
La
guerra è finita, può iniziare una storia nuova. In piazza Sasdelli c’è tanta
gente, chiamata dal CLN e dalla Camera del Lavoro.
Il
clima politico, segnato dall’unità antifascista che si è realizzata durante la Resistenza , è di
collaborazione tra le diverse forze politiche e soprattutto tra comunisti,
socialisti, democristiani e liberali.
Filippo
Pirazzoli nel Partito comunista italiano è un punto di riferimento, è uno degli
esponenti più stimati e apprezzati. E’ un uomo mite, sensibile, profondamente
convinto delle sue idee e rispettoso delle idee altrui.
Insieme,
socialisti e comunisti, lo indicano come capolista e nelle elezioni del 1946
entra in consiglio comunale, dove – il 9 aprile – viene eletto sindaco.
Nella
giunta, insieme a lui, ci sono Guido Ricciardelli, Giuseppe Albertazzi, Ivo
Pittano, Antonio Benericetti, Giovanni Chapuis, Andrea Menzolini.
Il
compito che attende il nuovo Sindaco è enorme.
Provate
ad immaginare Casola senza Municipio, senza scuola, senza ospedale, senza
acquedotto, con i ponti di collegamento al paese distrutti, la viabilità nella
maggior parte impraticabile, senza energia elettrica, con parte del patrimonio
edilizio distrutto o inutilizzabile: sono ben 537 edifici pubblici e le case
distrutte o danneggiate con 300 famiglie senza tetto pari a circa 1.000
persone.
Casola
esce dalla guerra in ginocchio, semidistrutta, povera, con gran parte del suo
territorio ancora minato: questa è la
pesante situazione che nuova
Amministrazione deve affrontare.
Il
costo della ricostruzione viene stimato in 86 milioni di lire: una cosa
impossibile e immensa.
Ma
con un impegno straordinario si avvia la ricostruzione dei ponti, delle strade,
del municipio, delle scuole, dell’acquedotto, della linea elettrica, Si
costruiscono le prime case popolari, si recupera l’ospedale, il ricovero,
alcune chiese, il cimitero e il macello.
Si
avviano i primi interventi nel settore della forestazione e della bonifica con
l’attivazione di corsi di formazione e specializzazione per giovani disoccupati
nel settore agricolo. Si pensi che circa 80% della popolazione attiva lavora in
agricoltura.
Nel
Consiglio comunale uscito dalle elezioni del 1946, la DC rappresenta la minoranza
consiliare, ma si collabora, si lavora insieme.
Così
anche dopo, quando - nel 1947 - con la rottura del governo di unità nazionale,
i socialisti e i comunisti vanno
all’opposizione nel parlamento nazionale e la lotta politica si fa più
dura, la contrapposizione ideologica diventa aspra.
Sono
anni di forti scontri sociali nel paese, e anche di pesante repressione.
In
Italia – come nel resto dell’Europa - la guerra fredda, il contrasto tra quelli
che per decenni saranno due blocchi militari, politici ed economici
contrapposti, Stati Uniti da una parte e Unione Sovietica dall’altra, segna
profondamente i rapporti sociali e politici.
In
una campagna elettorale segnata da una forte contrapposizione e da una
straordinaria mobilitazione di massa, il 18 aprile 1948 la Democrazia Cristiana
conquista la maggioranza assoluta in parlamento e sconfigge il Fronte popolare
a cui avevano dato vita il PSI e il PCI.
Nell’estate
di quello stesso anno, in luglio, Togliatti rimane gravemente ferito in un
attentato.
La
protesta e l’indignazione attraversa il Paese. La repressione è dura, gli
scontri di piazza sono sanguinosi.
La
possibilità per la sinistra di esprimere apertamente le proprie idee è
fortemente condizionata, ma Pirazzoli fa fino in fondo la propria parte. Non si
nega mai, è sempre pronto a raggiungere i luoghi più sperduti del Comune, dove
servono ore di cammino, per incontrare la gente, i contadini, portare una
parola di fiducia e di speranza.
In
quegli anni il Partito comunista ha circa 600 iscritti, presenti soprattutto
nelle aree rurali, tra i mezzadri e i contadini.
L’impegno
politico e l’impegno amministrativo sono tutt’uno. Si lavora per risolvere i
problemi, i tanti problemi della vita di tutti i giorni, e si lavora per aprire
nuove prospettive politiche, di maggiore libertà, di progresso civile. Ricordo
un episodio, drammatico e tragico.
E’
il 1950. A
Modena la polizia spara sugli operai che protestano contro i
licenziamenti. Sei operai delle Fonderie
Riunite vengono uccisi e un moto di indignazione attraversa l’Italia. Si
convocano manifestazioni ovunque. Anche a Casola una folla numerosa si raccoglie
nel Cral. La Prefettura
vieta ai Sindaci di parlare, di esprimere la propria opinione su quanto è
accaduto, di partecipare a manifestazioni. Ma
Gigi decide di non obbedire!
La
sua dignità di uomo, di Sindaco, prima ancora che di militante della sinistra,
glielo impedisce. “La mia coscienza –
dice prendendo la parola – si ribella!”
Ma
malgrado tutto, si trova il modo, la volontà, di lavorare insieme, di sapere
guardare oltre le divisioni politiche. Ed è quasi usuale – voglio sottolinearlo come un elemento
positivo di quegli anni – accogliere a Casola ministri, esponenti del Governo
– penso a Fanfani, a Tupini, poi
Zaccagnini - che con la loro personale presenza si mostrano vicini ai problemi
della nostra comunità.
E’
quella una politica certamente più vicina, meno distante della politica di
oggi: una consuetudine, quella, che sarebbe utile e positivo recuperare,
nell’interesse della politica stessa e della sua essenziale funzione.
Quelli
dal 1946 al 1951 sono anni duri, difficili, intensi, che Pirazzoli vive con
passione, con inquietudine, ma anche con una personale e intima sofferenza.
Muore giovane, a soli 28 anni: si toglie la vita a Firenze, nell’ottobre del
1951.
A
dargli l’ultimo saluto, quel giorno a Casola siamo in tanti. Ci sono i suoi
compagni che portano il feretro a spalla fino al cimitero, e c’è tutto il
paese.
Quel
giorno, per la prima volta, vengono accese le luci della nuova illuminazione
pubblica che, da Sindaco, ha fatto costruire su Via Roma.
A
tutti noi resta il suo ricordo. Resta il ricordo del suo impegno politico,
civile e amministrativo, della piena e totale dedizione che mise nell’interesse
dei lavoratori e dei cittadini di Casola.
Casola
Valsenio, 1 aprile 2006