Casola libera

Il   29 novembre una pattuglia di soldati indiani comandati da ufficiali britannici e guidati da due dei quattro ex partigiani che si erano recati alle Cortine, raggiunge il paese per controllare se effettivamente esso è stato evacuato, ed effettua una puntata perlustrativa fino alla strada della Storta. I civili escono felici dai rifugi e dopo un momento iniziale di diffidenza e di titubanza si instaurano rapporti amichevoli tra le truppe alleate e i casolani. L'entusiasmo viene però ben presto raffreddato dai tedeschi che nel pomeriggio sottopongono il paese ad una scarica di artiglieria causando tre feriti:non sono purtroppo che i primi
di una lunga serie di vittime che Casola dovrà annoverare a causa delle mine, delle mitragliatrici e dei cannoni tedeschi. Nel primo pomeriggio del i dicembre 1944 truppe alleate di colore della VIII Armata britannica raggiungono in forze Casola: sono per lo più negri e indiani, comandati da ufficiali inglesi. Le vie del paese sono piene di gente, mentre gli sfollati rientrati dalla campagna cercano fra quelle che quasi per tutti sono soltanto le macerie delle loro case, quel poco che si è salvato dalla razzia e dalla devastazione. Coloro che sono stati per settimane rintanati nei rifugi del paese se ne stanno ora all'aperto alla ricerca di un poco di sole e di aria pura; i barbieri improvvisano botteghe ovunque: anche una sedia sulla strada va bene, purché ci si possa liberare finalmente di barbe e capelli infestati da parassiti; le donne che non intendono rinunciare ai loro capelli, sia per motivi estetici sia soprattutto per non essere scambiate per collaborazioniste a causa del cranio rasato, provvedono a ripulirsi l'un l'altra con l'ausilio di finissimi pettini. Macerie, travi, mobili oramai inservibili vengono rimossi per approntare un ricovero, una parvenza di abitazione per poter riprendere in qualche modo la vita civile, religiosa ed amministrativa e malgrado la desola­zione c'è dappertutto un'aria quasi di festa, che per il momento fa appari­re lontano un passato di sofferenze e di lutti, pur così vicini nel tempo. Un primo tentativo di ripresa della attività amministrativa era stato avviato già negli ultimi giorni di novembre, quando fu chiaro che i tedeschi si stavano ritirando definitivamente, con la costituzione di un nuovo Comitato di Liberazione casolano. Il nuovo organismo non era però riuscito a sopravvivere alla prima riunione, sia per il pericolo di essere scoperti dalle pattuglie tedesche che ancora circolavano in paese, sia soprattutto per l'opposizione dei membri del vecchio Comitato clandestino a collaborare con coloro che nel corso della guerra si erano tenuti in una posizione di attesa e che in questa occasione si erano fatti promotori della costituzione del CLN. Guido Ricciardelli socialista, Arturo Poli socialista indipendente, dal liberale Giovanni Ungania e da Paolo Giacometti del Partito d'Azione. La Giunta comincia subito a lavorare in una angusta stanzetta che si affaccia sul cortile dell'albergo Maiolica e dopo aver fatto stampare ed affiggere sui muri di Casola il primo manifesto <libero» dopo più di venti anni, si preoccupa di riorganizzare le basi fondamentali della vita comunitaria: assicurare l'alloggio a chi non ha più una casa; procacciare un minimo di rifornimenti alimentari (in primo luogo il latte per i bambini); recuperare la merce che era stata imboscata da persone di pochi scrupoli e così via. 
Il dottor Gaspare Cenni, che ha la responsabilità della assistenza sanitaria, organizza un posto di pronto soccorso con materiale recuperato nella villa Bottonelli. Il compito che si presenta al dottor Rino Cenni, al dott. Angelo Rinaldi Ceroni e al loro infermiere Gildo Tagliaferri è reso oltremodo gravoso dalla scarsità delle attrezzature e dalla loro completa inadeguatezza unitamente ad una modestissima scorta di medicinali. Il numero degli ammalati e dei feriti che abbisognano di ricovero appare ben presto di proporzioni rilevanti a causa anche della incredibile incoscienza con cui qualcuno provvede alla bonifica dei campi minati senza nozioni in merito o li attraversa confidando nella fortuna. Con la stessa incoscienza i casolani circolano e si raggruppano per le strade del paese in piena vista degli artiglieri tedeschi appostati sui Ges­si quali tutti i giorni sottopongono l'abitato di Casola a pochi ma ben centrati colpi d'artiglieria. Anche se i numerosi provvedimenti non sempre raggiungono l'effetto sperato per una comprensibile mancanza di organicità, per la dimensio­ne enorme delle difficoltà che si presentano, per la mancanza di mezzi e delle risorse finanziarie che è totale, la Giunta popolare riesce tuttavia ad avviare una certa ripresa amministrativa e sociale. Nei primi giorni di dicembre la prima linea alleata si porta in corrispondenza delle località Roncosole, Monte del Cappellaio, Casola, Ceruno, la Collina, Monte Albano, avanzando poi il giorno 6 dicembre su una linea che taglia trasversalmente la valle all'altezza del Cardello che i tedeschi hanno circondato di mine antiuomo ed anticarro ed ai tre ancora ne hanno piazzate in molti campi della piana di Valsenio presumendo che gli inglesi vi avrebbero piazzato le loro batterie di cannoni, che invece vengono sistemate al Poggio Nero di Baffadi, alla Lastra, nei campi delle Case Bruciate, del Cantone e degli Olmatelli, tra le case coloniche e il fiume. 
Altre batterie di piccolo calibro vengono piazzate alle Casette di Prugno e a Cugna, tutte puntate verso il crinale dei Gessi sui quali verranno sparati migliaia di colpi senza tuttavia indebolire la potenza del nemico. Il giorno 8 dicembre i genieri inglesi completano la costruzione del ponte del Cantone rendendo così possibile, dopo mesi di isolamento, i collegamenti stradali con Palazzuolo e Firenze ed anche con Ravenna, appena liberata dagli inglesi, attraverso la via di Marradi e Faenza. 
Il collegamento stradale con Palazzuolo permette il rifornimento, se pur ancora in misura insufficiente, dei generi di prima necessità che i casolani chiedono alla Giunta e questa riporta ai comandi inglesi di stanza a Casola: viveri, medicinali, coperte, vestiti ecc. Rimangono però pressoché impraticabili parecchie strade di campagna e quelle che mettono in contatto con le vallate parallele alla valle del Senio a causa delle mine e dei ponti distrutti e dei danni provocati dalle pioggie torrenziali dell'autunno e dal movimento dei mezzi pesanti militari. In considerazione del maltempo che continua ad imperversare e della temperatura eccezionalmente rigida, le truppe alleate vengono alloggiate nelle case civili, sia del paese che della campagna, via via requisite d'intesa tra le autorità militari e quelle civili sulla base della disponibilità effettiva e delle esigenze operative. E un sacrificio che la popolazione è ben disposta ad affrontare considerando che un arresto della prima linea alleata a sud del paese, come era previsto nelle disposizioni superiori ma che il comando operativo in zona aveva trasgredito portandosi fino all'abitato di Casola, avrebbe lasciato il paese e larga parte del suo territorio all'interno del corridoio tra i due schieramenti per cinque mesi: ciò avrebbe significato una distruzione pressoché totale e avrebbe compromesso irrimediabilmente ogni possibilità di una celere ripresa economica al termine della guerra. L'atto di solidarietà compiuto dagli alleati nei confronti della popolazione casolana assume un significato ancora più alto se si considera che, avanzando la loro prima linea al limite nord del paese, vengono a trovarsi sotto il tiro diretto delle artiglierie tedesche che infatti causeranno loro morti e feriti.
La Giunta Popolare
La risoluzione del problema della costituzione del governo ammini­strativo del paese in un momento tanto delicato ed importante viene tro­vata nelle disposizioni che il CLN di Ravenna aveva diramato sul finire dell'estate del 1944 quando la liberazione dei paesi e delle città della provincia sembrava vicinissima. Anche le federazioni dei partiti antifa­scisti avevano provveduto da parte loro ad istruire gli aderenti affinché la loro azione nel passaggio alla legalità non vanificasse mesi ed anni di intenso lavoro politico e che invece costituisse un esempio ed una prova della volontà di ricostruire la nazione secondo i principi democratici propugnati dalla Resistenza. La realizzazione delle direttive viene però in qualche modo inizialmente ostacolata dalla difficoltà di instaurare una collaborazione che non scaturisce da una precedente esperienza comune di lotta e che nella situazione locale appare come una sollecitazione esterna, e da una certa vena di settarismo che sembra animare i membri comunisti e socialisti del CLN clandestino che ora prendono in mano la situazione designando la Giunta popolare costituita da rappresentanti dei partiti antifascisti effettivamente operanti nella zona: Amilcare Mattioli sindaco, Guido Ricciardelli vice sindaco, Filippo Pirazzoli, Gildo Tabanelli, Antonio Benericetti e Giuseppe Albertazzi assessori. 
Alcuni giorni dopo il CLN locale - riconoscendo autocriticamente la validità delle direttive emanate dal CLN provinciale circa la necessità di una composizione unitaria degli organismi di governo locale   procede al proprio allargamento cooptando rappresentanti di altre forze politiche, cosicché esso risulta ora composto dai comunisti Filippo Pirazzoli e Antonio Benericetti, da Guido Ricciardelli socialista, Arturo Poli socialista indipendente, dal liberale Giovanni Ungania e da Paolo Giacometti del Partito d'Azione. La Giunta comincia subito a lavorare in una angusta stanzetta che si affaccia sul cortile dell'albergo Maiolica e dopo aver fatto stampare ed affiggere sui muri di Casola il primo manifesto <libero» dopo più di venti anni , si preoccupa di riorganizzare le basi fondamentali della vita co­munitaria: assicurare l'alloggio a chi non ha più una casa; procacciare un minimo di rifornimenti alimentari (in primo luogo il latte per i bambini); recuperare la merce che era stata imboscata da persone di pochi scrupoli e così via. Il dottor Gaspare Cenni, che ha la responsabilità della assi­stenza sanitaria, organizza un posto di pronto soccorso con materiale re­cuperato nella villa Bottonelli. Il compito che si presenta al dottor Rino Cenni, al dott. Angelo Rinaldi Ceroni e al loro infermiere Gildo Tagliaferri è reso oltremodo gravoso dalla scarsità delle attrezzature e dalla loro completa inadeguatezza unitamente ad una modestissima scorta di medicinali. Il numero degli ammalati e dei feriti che abbisognano di ricovero appare ben presto di proporzioni rilevanti a causa anche della incredibile incoscienza con cui qualcuno provvede alla bonifica dei campi minati senza nozioni in merito o li attraversa confidando nella fortuna. Con la stessa incoscienza i casolani circolano e si raggruppano per le strade del paese in piena vista degli artiglieri tedeschi appostati sui Ges­si quali tutti i giorni sottopongono l'abitato di Casola a pochi ma ben centrati colpi d'artiglieria. Anche se i numerosi provvedimenti non sempre raggiungono l'effetto sperato per una comprensibile mancanza di organicità, per la dimensione enorme delle difficoltà che si presentano, per la mancanza di mezzi e delle risorse finanziarie che è totale, la Giunta popolare riesce tuttavia ad avviare una certa ripresa amministrativa e sociale. Nei primi giorni di dicembre la prima linea alleata si porta in corri­spondenza delle località Roncosole, Monte del Cappellaio, Casola, Ceruno, la Collina, Monte Albano, avanzando poi il giorno 6 dicembre su una linea che taglia trasversalmente la valle all'altezza del Cardello che i tedeschi hanno circondato di mine antiuomo ed anticarro ed ai tre ancora ne hanno piazzate in molti campi della piana di Valsenio presumendo che gli inglesi vi avrebbero piazzato le loro batterie di cannoni, che inve­ce vengono sistemate al Poggio Nero di Baffadi, alla Lastra, nei campi delle Case Bruciate, del Cantone e degli Olmatelli, tra le case coloniche e il fiume. Altre batterie di piccolo calibro vengono piazzate alle Casette di Prugno e a Cugna, tutte puntate verso il crinale dei Gessi sui quali verranno sparati migliaia di colpi senza tuttavia indebolire la potenza del nemico. Il giorno 8 dicembre i genieri inglesi completano la costruzione del ponte del Cantone rendendo così possibile, dopo mesi di isolamento, i collegamenti stradali con Palazzuolo e Firenze ed anche con Ravenna, appena liberata dagli inglesi, attraverso la via di Marradi e Faenza. 
Il collegamento stradale con Palazzuolo permette il rifornimento, se pur ancora in misura insufficiente, dei generi di prima necessità che i casola­ni chiedono alla Giunta e questa riporta ai comandi inglesi di stanza a Casola: viveri, medicinali, coperte, vestiti ecc. Rimangono però presso­ché impraticabili parecchie strade di campagna e quelle che mettono in contatto con le vallate parallele alla valle del Senio a causa delle mine e dei ponti distrutti e dei danni provocati dalle pioggie torrenziali dell'au­tunno e dal movimento dei mezzi pesanti militari. In considerazione del maltempo che continua ad imperversare e della temperatura eccezionalmente rigida, le truppe alleate vengono alloggiate nelle case civili, sia del paese che della campagna, via via requisite d'intesa tra le autorità militari e quelle civili sulla base della disponibilità effettiva e delle esigenze operative. E un sacrificio che la popolazione è ben disposta ad affrontare considerando che un arresto della prima linea alleata a sud del paese, come era previsto nelle disposizioni superiori ma che il comando operativo in zona aveva trasgredito portandosi fino all'abitato di Casola, avrebbe lasciato il paese e larga parte del suo territorio all'interno del corridoio tra i due schieramenti per cinque mesi: ciò avrebbe significato una distruzione pressoché totale e avrebbe compro­messo irrimediabilmente ogni possibilità di una celere ripresa economica al termine della guerra. L'atto di solidarietà compiuto dagli alleati nei confronti della popolazione casolana assume un significato ancora più alto se si considera che, avanzando la loro prima linea al limite nord del paese, vengono a trovarsi sotto il tiro diretto delle artiglierie tedesche che infatti causeranno loro morti e feriti. 
Il 10 dicembre giunge a Casola il Governatore civile ten. Mario Guecia del Governo Militare Alleato in Italia (AMG), il quale come primo provvedimento rifornisce le prosciugatissime casse comunali di alcune centinaia di migliaia di lire per le spese più urgenti e fa portare grandi sacchi di farina: in verità non è questo il genere di cui i casolani hanno maggior bisogno (c'è in giro ancora molto grano sottratto alla rapina na­zifascista), ma poi la donazione si rivela utile perché nelle settimane seguenti una parte di quella farina verrà trasportata alle cooperative di Firenze che in cambio invieranno alla neonata Cooperativa di consumo di Casola altri generi mancanti del tutto. 
Dopo la gioia della liberazione anche i casolani, come più in generale gli italiani a sud della Linea Gotica, vedono però andare deluse alcune delle aspirazioni coltivate nella lotta clandestina : liberi, pur nei limiti imposti oggettivamente dalla situazione di guerra alle porte; liberi di ricostituire i partiti antifascisti e di ritrovarsi nelle loro sedi che venti anni prima erano state devastate dallo squadrismo fascista; liberi di darsi degli amministratori investiti della loro fiducia e come tali li potessero rappresentare in circostanze tanto difficili. Ma così non è! Quando arrivano i soldati polacchi del generale Anders, inquadrati nella VIII Armata inglese, molti dei quali fanatizzati in senso violentemente anticomunista, i partiti di sinistra sono costretti a rientrare in una sorta di semiclandestinità: non sono tollerate le bandiere rosse; non è ammesso che possa esserci ufficialmente una sede di sezione comunista. E soprattutto di sera i soldati polacchi   forti bevitori - diventano pericolosamente aggressivi con la benevola tolleranza della Military Police. Ma la prova politicamente più inquietante di questa limitazione di li­bertà imposta dagli anglo-americani la fornisce il ten. Guecia pochi giorni dopo il suo arrivo a Casola, quando comunica al CLN (evidentemente per conto di altri) che sindaco di Casola non può essere il prof. Mattioli appunto perché, fa intendere assai bene pur senza dichiararlo ufficialmente, egli è comunista. 
Chi doveva allora essere il sindaco di Casola «libera» gradito agli alleati? Il ten. Guecia non lascia neppure che gli si ponga la domanda, ha già il nome pronto: l'avvocato Giovanni Ungania. Le discussioni che subito si accendono assumono toni tempestosi; vengono avanzate anche proposte di rifiuto ad oltranza, ma poi prevale - avanzata dagli stessi comunisti - la soluzione più ragionevole tenendo conto delle circostanze: accettare la decisione della AMG, tanto più che l'avvocato Ungania dichiara di subordinare la sua nomina alla condizio­ne che tutta la Giunta nominata dal CLN rimanga in funzione e sia essa a determinare collegialmente le iniziative e gli interventi politico-amministrativi e in effetti nei mesi seguenti il nuovo sindaco si attiene scrupo­osamente e lealmente a questa linea di condotta. Il CLN casolano e l'AMG provvedono quindi a ristrutturare la Giunta popolare che risulta così composta: Giovanni Ungania sindaco, Amilcare Mattioli vice sindaco, Eliodoro Dal Pezzo assessore ai lavori pubblici, Gildo Tabanelli addetto ai problemi dell'alimentazione, Giuseppe Pittàno, Guido Ricciar­delli e Antonio Benericetti. La nuova Giunta, che inizia ad operare a metà del mese di dicembre, è in grado di prendere provvedimenti di più ampio respiro e più incisivi potendo contare su tutta l'organizzazione della AMG e sull'appoggio fi­nanziario fornito dagli alleati. Tra i provvedimenti si può ricordare:
- reclutamento di tutti i muratori e manovali per lavori di pubblica utilità;
- ordinanza a tutti i parroci di far opera di convincimento presso i parrocchiani per il seppellimento di tutte le carogne di animali al fine di evitare epidemie;
- costituzione di un Ufficio Recuperi con il compito di reperire il materiale asportato negli edifici pubblici nel corso della ritirata tedesca e di raccogliere le denunce di espropriazione di cose e di beni da parte dei tedeschi, di fascisti o anche di altre persone;
- presentazione all'Ufficio del Lavoro entro il 22 dicembre di tutti gli uomini dai 15 ai 65 anni per essere adibiti - tenendo possibilmente conto delle loro professioni - ai vari lavori d'urgenza. Tentativi di eva­sione alle disposizioni verranno puniti severamente.

Al fine di rendere più incisivi gli interventi della Giunta e nello stes­so tempo fornirla di uno strumento per conoscere i bisogni della popola­zione delle varie parrocchie del comune, la Giunta comunale nomina un delegato per ogni frazione e parrocchia con il compito di tenere i contat­ti tra le popolazioni rappresentate e gli organi amministrativi locali.
Da parte sua il Governatore ordina:
- il coprifuoco dal tramonto al levar del sole. I militari sono autorizzati a far fuoco su chiunque cerca di nascondersi o fuggire mentre èsorpreso in contrasto con le disposizioni militari;
- la consegna di tutte le armi da fuoco, munizioni ed esplosivi ai Carabinieri, pena la morte o la reclusione;
- il pagamento da parte di tutti delle tasse, compresi gli arretrati;
- il blocco dei salari e dei prezzi massimi per i generi alimentari e merci;
- il rigoroso mantenimento in vigore di tutti i decreti e le leggi in materia di agricoltura.
Questa ultima disposizione non trova immediata applicazione e i proprietari che propongono la definizione delle pendenze e la stipulazione di nuovi contratti secondo i vecchi patti colonici si trovano di fronte al rifiuto dei mezzadri e nella quasi totalità dei casi la risoluzione delle questioni viene rimandata a dopo la fine della guerra: gli agrari non si sentono ancora pronti per uno scontro che si presenta difficile ma so­prattutto perché percepiscono già che nel dopoguerra potranno agire sulla base di rapporti di forza ad essi più favorevoli.
La vita in paese
Se la vita in campagna è resa più sopportabile dal perdurare delle scorte della stagione agricola del '44, caratterizzata da una abbondante produzione, in paese invece le condizioni sono difficilissime: per quasi tutti l'unico lavoro possibile è alle dipendenze degli alleati. Nel primo mattino gruppi di giovani e anziani vengono caricati su camions e tra­sportati lungo la strada di Palazzuolo per rimettere in sesto la sede stradale e rendere possibile collegamenti più rapidi e stabili: il lavoro non è massacrante, ma d'altra parte la paga è molto bassa. La mattina, mentre i camions aspettano di partire, c'è chi si prova a canticchiare «Bandiera rossa», ma viene zittito immediatamente dai militari inglesi che li sorve­gliano e che non tollerano, evidentemente per ordini superiori, tali manifestazioni. E purtroppo queste imposizioni trovano consensi favorevoli anche tra qualcuno dei civili pronto ad affermare che bisogna piegarsi, che sono loro ora i padroni, sono loro che ci hanno liberato, che ci danno da mangiare. 
Nell'Istituto «S. Dorotea» l'AMG organizza, con l'aiuto delle suore, un centro di distribuzione di generi alimentari per la popolazione civile: donne e bambini in lunghe file, spesso nella neve e col timore di essere colpiti dalle granate tedesche, attendono il loro turno per mangiare. La fame non consente neanche di restare perplessi di fronte a cibi del tutto nuovi o confezionati in modo strano come the, latte in polvere, carne in scatola, uova in polvere, ecc. Ci sono poi altri mezzi, più o meno leciti, per procurarsi il cibo e gli altri generi di prima necessità da chi ne ha in abbondanza: gli alleati. C'è chi cede ai soldati indiani aceto annacquato, spacciandolo per vino, in cambio di burro, carne, zucchero, cioccolato, ecc.; altri si appropriano delle scarpe che i militari di religione musulmana lasciano, ben allineate, all'entrata dell'edificio adibito al culto della loro religione; c'è chi, in particolare i bambini, partecipa alle funzioni religiose dei militari per poter accedere alla comunione consistente in genere in una arancia o in un pezzetto di cioccolato; c'è anche chi fruga nei sacchi degli alimenti destinati ai muli alla ricerca dei pezzetti di carne che la popolazione locale considera 'una leccornia. 
Poi si verificano anche fenomeni di ben al­tra gravità come la prostituzione o il furto nei depositi militari e il mercato nero che la Giunta cerca di stroncare con la massima energia. Non solo non sembra esserci più una linea di demarcazione tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, ma anche tra le attività pericolose e le innocue così che c'è chi si improvvisa sminatore - e tra questi ci sono tanti ex partigiani - e per un misero compenso si incarica di liberare i campi per conto dei contadini fino a che, - e non è raro! - una mina non vista o difettosa o maneggiata male pone tragicamente fine al nuovo e pericoloso mestiere. Gli ex partigiani e gli ex patrioti decidono di organizzarsi in un Cen­tro Partigiano con il compito di coadiuvare le forze alleate nelle opera­zioni di polizia: pattugliamenti notturni, organizzazione della macinatura del grano e sorveglianza ai molini, censimento del bestiame bovino, suino ed ovino per debellare fenomeni di mercato nero e di vendite illecite. 

Le condizioni di vita della popolazione civile, in particolare quella femminile, viene ulteriormente aggravata dai rapporti con le truppe di colore (sudafricani, indiani, gurkhas) che a volte ricorrono alla violenza per soddisfare le loro voglie: alle Volture di Pagnano, durante la notte, due indiani entrano di soppiatto nella casa e girovagando entrano nella camera di una ragazza; questa vista la situazione, balza dal letto e si lancia sui due intrusi che ruzzolano lungo la scala e quindi in camicia fugge a nascondersi nel bosco dove rimane tutta la notte, anche se in terra c'è la neve 9. Il mattino del 12 dicembre due indiani uccidono due contadini del Tufo di Valsenio, padre e figlio (quest'ultimo un ex partigiano), che avevano tentato di impedire che venisse usata violenza alla rispettiva fi glia e sorella. In questa circostanza la stessa efferatezza dell'episodio ne rende possibile la rapida conoscenza e   anche per l'energico intervento delle autorità civili casolane, la Polizia Militare identifica i colpevoli che vengono arrestati e processati da una corte marziale. Ma molti altri sono gli episodi di violenza che non vengono denunciati in quanto per un comprensibile senso di pudore la loro conoscenza rimane circoscritta nell'ambito familiare. Il giorno 15 dicembre una pattuglia indiana cattura cinque tedeschi nascosti nella casa colonica Casetta Bragone. Il giorno dopo i tedeschi fanno saltare la casa con mine; i giovani contadini della Casetta riescono a porsi in salvo portando con loro alcune masserizie e poche bestie scampate alle razzie mentre i due vecchi genitori, incapaci di staccarsi dalla loro terra, rimangono, adattandosi a dormire nel porcile: verranno poi trovati, dopo la ritirata dei tedeschi, crivellati di pallottole ed abbracciati l'uno all'altra.